Blue Whale (Balena Blu), allarmismo o realtà?

In questi giorni si è parlato con notevole insistenza del misterioso fenomeno di internet nato in Russia che istigherebbe gli adolescenti al suicidio, il cosiddetto “Blue Whale” (Balena Blu).

Un recente servizio della trasmissione televisiva “Le Iene” ha collegato il suicidio a Livorno di un ragazzo di 16 anni, a seguito della testimonianza di un compagno di classe che ha raccontato che il ragazzo stava partecipando a una qualche tipo di sfida online non meglio identificata, oltre ad una serie di comportamenti ‘strani’.

“Blue Whale” consiste in una serie di prove da superare, compresa l’automutilazione, che spingerebbero gli adolescenti al suicidio. E’ certamente vero che il tam tam giornalistico di questi giorni non è riuscito a portare prove certe, non esistono infatti prove che colleghino direttamente i suicidi avvenuti soprattutto in Russia al fenomeno, ma è certamente vero che un adolescente, magari curioso e sensibile o che soffra di depressione e pensi al suicidio possa cadere vittima di chi, approfittando della pubblicità e della ribalta che questo fenomeno sta avendo in questi giorni, sfrutti l’occasione per mettere in atto le sue trappole.

In molti hanno tentato di ricostruire le origini ma nessuno sembra esserci riuscito. Risulta però che il fenomeno riconducibile a “Blue Whale” sia effettivamente esistito con il nome “f57” e sia ‘nato’ all’interno del social network russo VKontakte. L’episodio che a detta di molti ne sancirebbe la nascita è da riferire al suicidio della sedicenne Rina Palenkova avvenuto nel 2015. Sembra che “f57” fosse il nome di un gruppo di VKontakte nel quale si raccoglievano contenuti inquietanti e testimonianze di utenti, per lo più adolescenti, con istinti suicidi.

Quello che ad oggi sappiamo sul “Blue Whale” deriva principalmente da un’inchiesta pubblicata a maggio 2016 sul sito del periodico Novaya Gazeta. Tale inchiesta sosteneva che 130 suicidi avvenuti in Russia tra il novembre del 2015 e l’aprile del 2016 erano riconducibili a uno di questi gruppi di VKontakte, e circa 80 erano collegati direttamente al “Blue Whale”.

Tra febbraio e aprile 2017 i tabloid britannici hanno iniziato a diffondere notizie allarmanti relativamente a questo fenomeno, comprese le presunte regole del “Blue Whale” che schematicamente riportiamo di seguito:

– Per partecipare bisogna essere contattati da persone chiamate “master”.

– Il “master” va contattato postando un contenuto con l’hashtag #f57 in alcuni forum e social network non meglio identificati.

– Il “master” risponde con 50 consegne che prevedono:

– forme di automutilazione;

– visionare video inquietanti e horror;

– ascolto di suoni sgradevoli;

– svegliarsi alle 4 di mattina e salire su palazzi alti;

– ultima prova, sempre secondo le versioni che giungono dai social network, il suicidio.

Sempre dai forum e social network arriva la ‘traduzione’ del nome dato al fenomeno: la balena azzurra perché può arenarsi sulle spiagge, un comportamento che è stato più volte erroneamente paragonato al suicidio.

L’unico elemento sul quale sembra esistere qualche certezza in più è l’arresto del ventunenne Philipp Budeikin da parte della polizia russa, accusato di aver partecipato alla diffusione del fenomeno istigando al suicidio 16 adolescenti. Secondo la BBC Budeikin, dopo un primo tentativo di smentire le accuse, avrebbe confessato la sua colpevolezza in tribunale.

Il modo migliore per un adolescente per parlare velocemente con qualcuno che possa aiutarlo è, come sottolineiamo con forza durante tutti i nostri incontri presso le scuole, rivolgersi ai propri genitori, insegnanti o allenatori che certamente poi sapranno indirizzarli al giusto servizio.

Abbiamo chiesto un parere a Sara Monte e Michela Fuser, le due psicologhe che collaborano con Protetti in Rete:

SARA MONTE – Psicologa Psicoterapeuta e Mediatrice Familiare, CTU per il Tribunale di Treviso e Referente del Centro Antiviolenza di V.Veneto

E-mail: monte.sara@tin.it – Sito internet: www.psicologasaramonte.it – Tel. 346 3836359

“Il ‘Blue Whale’ sembra essere un gioco di provenienza russa che utilizza come mezzo internet ed i social. Esso è costituito da 50 prove imposte da un curatore in costante contatto virtuale con chi decide di partecipare.

Le regole, o sfide, sono molto violente ed il giocatore le deve ‘dimostrare’: es. regola n. 3 “tagliatevi un braccio col rasoio lungo le vene, ma non tagli troppo profondi. Solo tre tagli, poi inviate le foto al curatore”. L’ultima regola, la 50, spingerebbe i ragazzini al suicidio vero e proprio (saltare dall’edificio più alto della propria città).

Da un lato sarebbe quasi il caso di non parlarne, per non dare ulteriore risalto alla questione, per come viene affrontata da certi giornali e media, dall’altro è utile almeno accennarvi, come genitore e/o come adulto responsabile, è quasi un dovere morale.

Pe quanto riguarda l’allarmismo diffuso dai media non sono state minimamente seguite le linee guida che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rivolto ormai da anni ai giornalisti su come trattare i casi di suicidio per evitare casi di emulazione, colpiti dall’effetto Werther (fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca una catena di altri suicidi).

In ogni caso, non esistono prove a favore o contro dell’esistenza del fenomeno. Parliamo di prove scientifiche di correlazione causale tra il gioco ed i suicidi di ragazzini. Ponendoci come genitori, che nella maggior parte dei casi non siamo ricercatori o scienziati, di fronte a tali notizie allarmistiche ci sentiamo spesso disarmati e preoccupati. Ma è nostro compito reagire ed aiutare i nostri ragazzi a costruirsi una pozione critica, un sistema di lettura della realtà che utilizzeranno sia off line che on line anche senza di noi. Questo è importante per diversi motivi. Innanzitutto di notizie di questo tipo, che toccano temi delicati ed arrivano alle corde più intime delle persone, ne incontreranno continuamente nella loro vita, è opportuno che un po’ alla volta sviluppino l’abilità del “pensare con la propria testa”, e noi come come genitori aiutiamoli “a pensare a come pensare”.

Di fronte a tematiche così importanti cogliamo l’occasione di dialogare con i nostri figli, prendiamo un giornale, un articolo, una notizia e parliamone insieme a loro, facciamoli raccontare, trasformiamo questo momento in occasione di apertura al dialogo ed al confronto. Confrontiamoci con le loro idee: è un modo ascoltarli, per capirli un po’ di più. Cosa ne pensi di quello che raccontano in questa notizia? Se tu fossi stato al posto di quel ragazzo cosa avresti fatto? Se tu fossi stato al posto di chi viene contattato da quel ragazzo come ti saresti comportato? C’è qualcosa in cui ti riconosci, o riconosci i tuoi amici, di quanto accaduto?”

MICHELA FUSER – Istruttore Direttivo Psicologo per il Comune di Conegliano, Psicologa per il Progetto «Rete Scuole di Conegliano. Prevenzione delle situazioni a rischio – educazione alla salute»

centroascolto@comune.conegliano.tv.it – Tel. 320 4321461

“La rete è il regno della velocità, la terra delle possibilità, il luogo delle facili opportunità di incontro. La rete trasforma l’eccezionale in normale, il personale in collettivo e quando tutto diventa pubblico, il soggetto perde la possibilità di scegliere e passa il monopolio della sua vita a tutti. Questa è la logica del Blue Whale

Da una parte c’è l’adolescente con il suo naturale bisogno evolutivo di segnare una presenza agli occhi degli altri, rivendicare un modo di esserci, come necessità di affermare se stesso, ma in questo caso in un mondo virtuale, che ben soddisfa la necessità di autoesposizione. Un mondo dove diventa forte la gratificazione che deriva dall’essere ascoltati, cliccati, e sostenuti dai propri coetanei, visti, acclamati dalla folla virtuale. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscirne, basato sulla gratificazione ricevuta ad ogni livello, dal rinforzo dato dal conduttore del gioco, ma in particolare dal pubblico, che non fa che incitare la persona a continuare a giocare proprio seguendola on line. Un circolo nel quale si finisce per alterare la capacità di capire ciò che è opportuno fare, possibile fare, da quello che non lo è, perché nel virtuale tutto è possibile.

Dall’altra parte c’è il regista che detta le regole, ma è un esercizio di potere, si tratta di un atto aggressivo ed intenzionale che condiziona la vita privata e sociale della vittima. Questo in un evidente squilibrio di forze, in quanto chi domina è protetto dall’anonimato. Ma analizzato come persona è uno sgrammaticato sociale, cioè uno che non conosce le regole del vivere comune e dello stare in contatto con gli altri come fonte di gratificazione. Una persona immatura dal punto di vista affettivo, incapace di gestire emozioni autocoscienti come il senso di colpa, protetto dalla scrittura, controllata e non empatica.

I giochi tradizionali stimolavano l’identificazione, anche se con ruoli diversi, con persone reali, mentre i giochi on line creano persone virtuali onnipotenti, ma in realtà labili come un click.”

Noi di ‘Protetti in Rete’ pensiamo che al di là delle prove che potranno arrivare nei prossimi giorni, il fenomeno va attentamente monitorato e preso in considerazione con molta attenzione, quantomeno perchè l’insistenza con la quale televisioni e giornali ne parlano inevitabilmente potrebbe portare qualche Troll a mettere in atto il sistema così come descritto rischiando altrettanto inevitabilmente di attirare in trappola qualche adolescente in difficoltà. 

Gianbruno Panizzutti – Presidente Associazione Protetti in Rete

Ti potrebbe anche interessare...